Un pomeriggio con la poesia dei carcerati di Opera

Rispondendo all’invito di una persona amica capita di assistere in un tardo pomeriggio di marzo del 2018 a un evento straordinario: nella magnifica sala del Grechetto della biblioteca Sormani nel centro di Milano la presentazione di un libro di poesie dove gli autori sono alcuni detenuti del carcere di Opera, alle porte della città, la casa di reclusione più affollata d’Italia .
I veri protagonisti sono i carcerati stessi che leggono le poesie da loro composte: è il frutto di un lavoro lungo che prosegue da diversi anni animato da un gruppo di volontari essenzialmente insegnanti, scrittori che compongono il “laboratorio di lettura e di scrittura creativa”. Il loro merito è quello di avere scoperto nei carcerati un gusto per la poesia. Il loro obiettivo fondamentale è quello di fare un pezzo di strada assieme, di cambiare il carcere e farlo diventare da un inferno, un vero cammino di redenzione; in fondo la poesia nasce dalla sofferenza e nell’anno della misericordia questo è davvero un gesto di grande significato.
E’ commovente alla fine della serata in un scambio aperto con il pubblico sentir dire da questi reclusi liberi per qualche ora: “ adesso voi, società civile aiutateci a cambiare senza pregiudizi …” Allora capisci il valore della poesia, il guardare con occhi nuovi quello che è consueto e che vive nella normalità, perché tutto ciò che è nuovo aiuta a recuperare il senso della vita.
Il libretto di poesie che hai tra le mani, che porti a casa e che leggi con passione aspettando la Pasqua è pieno di versi strazianti, è un desiderio di cambiamento reale, di liberazione; e lo vedi già presente dai loro occhi arrossati e dalla loro voce rotta dalla commozione. Poi ciascuno di loro sale lentamente sul cellulare nero con le guardie carcerarie sotto la strada vicino al tribunale e le nostre strade si dividono.

Qualche accenno ai contenuti
Nella ”Preghiera del detenuto” Franco Cordisco si rivolge al Signore:
“Tu perdoni e dimentichi, noi però non vogliamo l’ elemosina della pietà
Vogliamo che si creda in noi, nella nostra rigenerazione, Signore, io non voglio perdere la mia dignità
umana per il fatto che sono carcerato”.

Nel ”Il verdetto” Calogero Consales esprime la consapevolezza che
“dal dolore si guarisce ma il peccato rimane,
e troppe volte il mio vivere è ingombrante,
ma forse sono stato baciato da Dio…”.

“Ti prego”, implora Boris Zubine, “Dio mio,
per fuggire lontano
dalle stagioni della morte
e scrivere di valli lontane”.

Giuseppe (Pino) Carnovale, tramite il Laboratorio ha scoperto un talento poetico a lui sconosciuto. Nella poesia ”Il mio nulla”intesse una relazione, un faccia a faccia di speranza con il Signore:
“Tu non tradisci,
tu non deludi,
sotto il tuo sguardo
la mia vita buttata
ha ripreso colore”.
Nella prefazione al libro, il teologo Vito Mancuso dice ”Non si tratta di dire le preghiere, si tratta di essere preghiera di essere cioè con la vita concreta ( anche quando essa per un periodo venga trascorsa tra le sbarre di un carcere) una richiesta di aiuto e di perdono, e insieme una parola di ringraziamento e di lode” 

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