Gallarate – Esperienza di Don Fabio Stevenazzi, il sacerdote medico prestato al Corona virus

Ho deciso di pubblicare sul mio blog la testimonianza di questo sacerdote perchè la sua disponibilità verso ls cura dei malati in questo preciso momento di pandemia è un gesto generoso di chi vuol vivere fino in fondo il Vangelo. Aggiungo poi che con gli Stevenazzi mi lega un lungo rapporto di amicizia e di condivisione nell’attività lavorativa e non solo.

Don Fabio Stevenazzi, ordinato Sacerdote il 7 Giugno del 2014 dal Cardinale Arcivescovo Angelo Scola, prima di essere ordinato prete si è laureato in Medicina presso l’Università di Pavia.
Lo scorso Marzo all’inizio della pandemia dovuta al COVID-19 ha deciso di rimettere il camice bianco di Medico, una scelta molto coraggiosa.
La sua testimonianza dello scorso 6 Maggio 2020 in un’ intervista tenuta al Centro Culturale Tommaso Moro di Gallarate, dove don Fabio racconta tutto il periodo del suo operato nella Terapia Intensiva di Busto Arsizio.
La vita di tutti e anche la vita dei Sacerdoti si è abbastanza rapidamente contratta: fino a metà Febbraio don Fabio poteva andare a trovare per lo meno i malati che gli erano stati affidati portando l’Eucaristia e confessandoli a domicilio.
Questa era l’ultima possibilità dopo che era stato sospeso il Catechismo e non c’erano più altre possibili forme dell’abituale Pastorale attiva nelle nostre parrocchie, don Fabio, ricorda che il 23 Febbraio 2020 al mattino era stato possibile Celebrare le Messe comunitariamente, ecco che allora era già nel pomeriggio stata impedita.
Gli ultimi giorni potevano concelebrare l’Eucaristia anche se a distanza tra loro Confratelli, a porte chiuse anche nelle nostre Chiese come nella Basilica di Gallarate
Successivamente si sono resi conto che anche questa possibilità non era più tanto percorribile, alla fine le giornate di don Fabio passavano nel coltivare l’antico orto che si trova dietro l’Abside della Basilica cominciando a piantare le patate, 300 bulbi di cipolle e poi ha cominciato a dirsi “ non posso andare avanti così a fare il giardiniere”, cosa che don Fabio ama moltissimo, quando fuori c’era bisogno di Medici.
Don Fabio, ricorda che leggendo il Corriere della Sera (un numero del Venerdì) in cui si diceva che l’Ospedale di Codogno avrebbe richiesto dei Medici per poter dare il cambio ad altri colleghi nei reparti di Medicina Interna, visto che che dopo due settimane di lavoro continuo erano esausti.
Questa notizia gli fatto balenare la possibilità di poterli raggiungere: questa è stata la prima idea della sua richiesta al Parroco di Gallarate don Riccardo, chiedendogli appunto se lui era disposto a confrontarsi con il nostro Vicario di zona Mons.Vegezzi, sulla possibilità che don Fabio potesse andare a Codogno, raggiungendo gli amici in questa avventura e per dare aiuto.
Il Parroco di Gallarate ha riferito a voce al Vicario di Zona e inizialmente ha avuto una risposta negativa, perchè si prospettava che questa cosa potesse durare poche settimane.
Dopo pochi giorni, però tutta l’Italia era diventata zona rossa, e anche l’Ospedale di Gallarate a 300 mt. dalla casa di don Fabio, cercava medici.
Don Fabio, preso dal timore che questa nuova richiesta sarebbe stata interpretata come un segno di subordinazione, scrisse una e-mail al parroco chiedendo di girarla al Vicario.
Nella mail si spiegavano le ragioni di questa sua disponibilità, raccontando che nella sua vita aveva vissuto tante forme di appartenenza accettando diverse forme di impegno personale, anche di giuramento a favore della Nazione quando è stato Ufficiale Medico, piuttosto che di essere a disposizione del popolo di Dio come Sacerdote, per essere vicino ai malati nel momento del bisogno come medico.
A questo punto è arrivato un parere favorevole dei Superiori e quindi in pochissimi giorni, don Fabio è stato assunto.
Il segno della drammaticità dei momenti che abbiamo vissuto come collettività è stato anche la forma della sua assunzione, perchè in fondo don Fabio ha semplicemente compilato un banale modello di CV e gli è stato chiesto di sottoscrivere un modello di autocertificazione della sua laurea in Medicina e della sua specialità in Medicina Interna, senza marche da bollo senza neppure richiedere la fotocopia della carta d’identità dello stesso don Fabio.
Don Fabio è stato assunto con un contratto di collaborazione continuativa ma, non è approdato a Gallarate ma all’Ospedale di Busto Arsizio, in cui opera al momento in cui scriviamo.
La giornata di don Fabio Stevenazzi come Medico.
Le giornate di don Fabio sono molto variabili perchè è turnista, quindi può capitare il turno del mattino che inizia alle 8.00 fino alle 16.00, il turno del pomeriggio che finisce alle 21.00 o le 22.00 di sera, oppure il turno di notte che inizia alle 21.00 e termina alle 8.00.
Ogni giorno la vita di don Fabio varia: se ha il turno del mattino, don Fabio si sveglia intorno alle 6.30 pregando una mezz’ora, la Celebrazione della Messa quando può, prima o dopo il turno lavorativo a seconda che sia mattino o pomeriggio.
Celebra ormai dalla metà di Marzo dalla scrivania dal salottino della sua casa in totale solitudine, conducendo una vita da “eremita” dallo scorso 10 di Marzo, il che vuol dire che don Fabio non ha nessun contatto nemmeno con i Confratelli, se non telefonicamente con il Parroco divisi da una rampa di scale parlandosi con la mascherina.
Nei momenti liberi dall’impegno dei turni in Ospedale, ci fa stare le Preghiere, l’Ufficio, la Celebrazione Eucaristica quotidiana.
Alla sera, don Fabio, cerca un po’ di svago attraverso le letture o guardando la televisione per liberare un po’ la mente, come possiamo immaginare, e cerca quindi di avere un numero sufficiente di ore di sonno per così ripartire efficiente il giorno successivo. Sono giornate variabili, ma sempre scandite dalla metà di Marzo con questo ritmo e con le obbedienze legate al suo stato di vita.
Celebrando ormai dalla metà di Marzo dalla scrivania del suo salottino della sua casa in totale solitudine, conduce una vita da “eremita” dallo scorso 10 di Marzo, il che vuol dire che don Fabio non ha nessun contatto nemmeno con i Confratelli, se non telefonicamente con il Parroco oppure con una rampa di scale di distanza entrambi con la mascherina parlandosi nella tromba delle scale quando si incrocia con il Parroco, perchè don Riccardo abita proprio sotto l’appartamento di don Fabio.
Nei momenti liberi dall’impegno dei turni in Ospedale, ci sono le Preghiere, l’Ufficio, la Celebrazione Eucaristica quotidiana. Alla sera, don Fabio, cerca un po’ di svago attraverso le letture o guardando la televisione per liberare un po’ la mente, come possiamo immaginare, don Fabio cerca quindi di avere un numero sufficiente di ore di sonno per così ripartire efficiente il giorno successivo. Sono giornate variabili, ma sempre scandite dalla metà di Marzo con questo ritmo e con le obbedienze legate al suo stato di vita.
Stando dentro in Ospedale, don Fabio, come vede il mondo dei malati in questo momento, che cosa chiedono gli sguardi dei pazienti malati di Coronavirus?
A differenza dei primi tempi di coronavirus la gravità della malattia si è ridotta, come il loro numero.
Essere ricoverati nelle ultime settimane in un reparto COVID non è una cosa così terribile come nelle prime settimane di emergenza.
Adesso si cominciano a vedere volti rilassati di persone che hanno una sintomatologia molto lieve e che nella maggior parte dei casi tende a migliorare rapidamente e a restare in buone condizioni, anzi, in ottime condizioni dopo una iniziale crisi per lungo tempo.
Pazienti e medici erano spaventati all’inizio, poi la condizione è cambiata ponendoci
interrogativi aperti che non abbiamo compreso fino in fondo.
Come mai ci sia proprio effettivamente una discrepanza così grande fra le prime settimane e il primo mese di questa “avventura” e le ultime settimane che il Personale Sanitario hanno vissuto ?
Tornando indietro con la memoria alle prime settimane le persone erano davvero spaventate, si leggeva nei loro occhi una grande tensione, una grande ansia, dopo di che per i più giovani diventava meno pesante per il fatto che ciascuno di loro aveva un ipod o uno smartphone oppure un tablet, erano comunque a contatto attraverso il web con il mondo e avevano la possibilità di distrarsi nelle lunghe e noiosissime giornate che si passavano nelle stanze ( doppie senza TV o magari senza radio).
Immaginiamo gli anziani soprattutto quelli che magari non avevano la possibilità di essere in contatto con il mondo esterno, perchè magari hanno anche una certa difficoltà ad usare un semplice cellulare: per loro le giornate erano e sono anche adesso scandite dai rumori artificiali, dalle luci innaturali di un ambiente non confortevole e non rasserenante come quello di un reparto di Terapia Subintensiva
Pensiamo agli allarmi, i rumori dei respiratori e che sono gli unici rumori che scandiscono le giornate: in questo clima non era facile confortare i malati perchè gli vedevano tutti uguali, tutti quanti che si preservano e si presentano tutt’ora al loro cospetto, al loro capezzale, tutti plastificati tutti ricoperti solo quasi solo gli occhi emergono dalla mascherina e dalle visiere protettive, quindi anche don Fabio, personalmente, non sa se moltissimi lo hanno individuato almeno inizialmente come Sacerdote.
A Don Fabio purtroppo, è capitato anche di Impartire l’Unzione degli Infermi in alcune circostanze, gli è capitato di Confessare una persona, che non sa quanto abbia potuto capire delle sue parole e lui stesso non ha capito granché delle sue, perchè era in uno scafandro di plastica per la ventilazione criptato e quindi le circostanze non erano per nulla favorevoli a questo triste evento.
A Pasqua, don Fabio ha indossato una stola Bianca sopra il camice bianco e almeno dagli oblò delle porte d’ingresso alle stanze di isolamento ha potuto salutare e benedire tutti, portando a tutti delle Immaginette Pasquali del Risorto, ritenendo che abbiano portato conforto a tutti: l’unico scampolo di giorno Pasquale che hanno vissuto assieme a don Fabio
Il giorno di Pasqua ha svolto il turno del mattino, sono state proprio queste Immaginette ed una fetta di colomba che l’Ospedale ha messo nel vitto di quel giorno, un modo col qual hanno potuto far percepire ai malati, che era Festa e la far sentir loro la Pasqua
Date le circostanze non c’era la possibilità di poter fare di più.
Fare il Sacerdote è uno stato di vita, una condizione specifica di appartenenza a Cristo; don Fabio com’è, per un prete fare anche il medico?
Una cosa di cui don Fabio è rimasto stupito, è quella che la sua persona comunque è stata individuata abbastanza rapidamente, dagli stessi colleghi Operatori Sanitari di estrazione ideale e religiosa anche diversa dalla sua, come un interlocutore addirittura degno di ricevere le confidenze anche molto personali anche da parte di colleghi non Credenti, e persone scettiche o di persone che gli hanno raccontato le loro difficoltà di Fede o il fatto di credere ma non di sentirsi attratti da una Fede praticata magari da anni, con la quale lo hanno fatto depositario di confidenze che si possono definire come confessioni laiche che custodisce gelosamente.
Un altro versante in cui don Fabio crede di aver interpretato il suo ruolo da prete e da medico , in modo particolare è stato quello in alcuni frangenti, delle scelte difficili che hanno dovuto prendere anche dal punto di vista clinico, scelte che riguardano l’ambito della bioetica.
E’ capitato non solo di esprimere il suo parere, ma anche di essere interpellato dagli altri per avere luce e una possibilità di giudizio, con un esito magari condiviso da tutta l’equipe medica.
Tante volte gli è capitato, magari da alcuni medici e da alcuni infermieri, di essere sollecitato a dare un conforto particolare proprio per il suo stato di Sacerdote, a famiglie che per qualche motivo si trovavano all’iterno dell’Ospedale perchè avevano avuto un lutto.
Gli è capitato nei primi giorni dell’emergenza dove non c’era ancora un divieto categorico, di confortare persone che avevano appena perso un loro congiunto oppure di dover andare ad Impartire un Sacramento e dare conforto a qualche malato che aveva espresso il desiderio di essere a contatto con un Sacerdote.
Che cosa aiuta don Fabio, ogni giorno, a vincere la paura ed entrare in Ospedale?
Pur consapevole del pericolo che gli Operatori Sanitari, come don Fabio, nell’occhio del ciclone che sono appunto stati finora i reparti COVID, non ha mai recepito una paura per quello che stava facendo.
Prevaleva in don Fabio, il timore e la paura che vedeva negli altri colleghi, che poi a lungo andare si sono anche sbloccati: alcuni suoi colleghi hanno salutato le famiglie trasferendosi nei monolocali in affitto lontano dalle loro abitazioni, qualcuno di essi ha trovato posto nell’albergo per sentirsi libero e per gettarsi nella mischia con maggior serenità.
All’inizio la tensione per alcuni era palpabile per il rischio personale: quando si sono resi conto che non mancava nulla dei dispositivi DPI, per proteggersi dal contagio e per lavorare in sicurezza, questa tensione si è stemperata, le equipe che erano raccogliticce si sono un po’ sedimentate. Varese Press

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