Una visita di grande interesse al presidio Slow Food di Gerola Alta – luglio 2018

Nel nostro colloquio tocchiamo argomenti legati alla situazione attuale e al rilancio che grazie al contributo dello slow food, questo pregevole formaggio sta avendo a livello internazionale; televisioni di Paesi europei hanno girato di recente documentari e filmati di grande diffusione, forme di formaggio invecchiate nel presidio di Gerola Alta negli ultimi anni sono giunte persino sul mercato cinese e il prodotto pur conservando le caratteristiche di produzione artigianale ormai sta diventando un prodotto pregiato nel mercato di nicchia dell’industria casearia italiana.. La presenza a EXPO 2015 presso il padiglione slow food è una chiara testimonianza degli sforzi che questi convinti e volitivi produttori stanno portando avanti.

Il personaggio incontrato sabato scorso nel corso di una conviviale visita è Paolo Ciapparelli,un valtellinese tosto, presidente del consorzio salvaguardia del Bitto storico
(su alcune riviste che avevo letto lo definivano anarchico eroico).
Qui i produttori di formaggio locale hanno lottato a lungo per salvare il prodotto “vero”.
Ciapparelli per diversi anni non si è lasciato intimorire dai produttori e dalle associazioni che avevano usurpato con il nome Bitto DOP il loro formaggio che ben poco aveva in comune con quel prodotto nato e sviluppato nel corso di diversi secoli ( i riferimenti letterari che citano “il formaggio della valle del Bitto” risalgono al cinqucento).

Paolo Ciapparelli non manca di accennare al problema del giorno che tocca produttori e mercato italiano: si tratta del richiamo dell’Unione europea rivolto all’Italia alcune settimane fa perché sia consentita la vendita di formaggio prodotto da latte in polvere facilitando così l’ingresso sul nostro mercato di prodotti caseari stranieri che se non ben etichettati possono portare ad un appiattimento della qualità alimentare; alcune voci provenienti dal ministero delle politiche agricole portano ad escludere i formaggi DOP e quelli pregiati, ma il rischio di generare confusione è dietro l’angolo. Certo che in questi momenti di crisi dell’Unione europea una parola chiara in questo settore sarebbe più che ausicabile !
Al mio interlocutore gli si illuminano gli occhi quando mi descrive di una bella iniziativa del maggio scorso: seimila euro per coltivare nuovi orti in Africa. Le forme di Bitto Storico messe in palio a Milano, durante l’asta Bolaffi dedicata alle eccellenze enogastronomiche, hanno dato nuova linfa al progetto di Slow Food. L’associazione internazionale no profit ha lanciato una campagna per realizzare orti «buoni, puliti e giusti» nelle scuole e nei villaggi.
Un aiuto indiretto che parte da una comunità di montagna, al centro il casaro, che va in soccorso di villaggi in Somalia.
Si è scritto di recente che c’è più soddisfazione ad assumere un giovane casaro e a contribuire a un progetto come quello di Slow Food piuttosto che mettere in tasca qualche centinaia di euro di utile.
Infine la speranza di un rilancio del presidio è affidata ai giovani che Paolo Ciapparelli sta formando per incarichi di responsabilità all’interno della struttura. La presenza di un caro amico di lunga data con cui ho trascorso belle esperienze estive in questi luoghi come suo stretto collaboratore mi conforta sulla tenuta nel tempo di un progetto ambizioso. L’idea che l’entusiasmo e la capacità imprenditoriale di Paolo Ciapparelli possa essere ripreso dalla intraprendenza e dalla voglia di fare di Albino Mazzolini, potrà essere una buona garanzia di successo.
Per chiudere questa descrizione del presidio di Gerola Alta e per una miglior comprensione per gli amici interessati all’argomento può essere utile leggere qualche notizia precisa sul prodotto e sull’ambiente in cui si svolge la lavorazione del Bitto “storico”
Può servire anche la documentazione fotografica inserita qui sotto.

Che cos’è il Bitto Storico ?
Il Bitto Storico è un formaggio d’alpe a latte crudo, prodotto da 12 alpeggi sulle Prealpi Orobie. Maturo si presenta in forme cilindriche regolari con diametro di 40-50 cm, altezza di 9-12 cm e un peso variabile dai 9 ai 20 kg. La pasta, compatta, di colore variabile dal bianco al giallo paglierino a seconda della stagionatura, presenta occhiatura rara ad occhio di pernice.
Le fasi produttive si svolgono secondo gli usi tradizionali, legati alle caratteristiche ambientali, nel periodo compreso fra il primo di giugno ed il 30 settembre.
Il latte di vacca appena munto viene aggiunto a quello caprino (10-20%), ottenuto dalla razza orobica (razza autoctona a rischio di estinzione) e lavorato a crudo, in loco, nel “calècc”.
Il latte crudo ha caratteristiche microbiologiche variabili a seconda del clima, dell’ambiente in cui vivono gli animali e della loro nutrizione: il disciplinare di produzione del Bitto Storico non consente di utilizzare fermenti lattici durante il processo di caseificazione, né di integrare l’alimentazione dei bovini e dei caprini con mangimi e insilati per mantenere intatte le proprietà del latte montano.
Il divieto di utilizzo di fermenti lattici (starter) nella cagliata, imposto dal disciplinare del Bitto Storico, arricchisce la variabilità organolettica del formaggio, caseificato esclusivamente grazie alla flora batterica locale che si differenzia secondo gli alpeggi (superfici, attrezzi, zone umide o secche). L’alta variabilità e imprevedibilità aromatica pone il prodotto al rischio di sviluppare difetti.
La produzione di Bitto Storico per questo motivo viene selezionata nella Casèra di stagionatura di Gerola Alta, per ottenere il riconoscimento di Presidio Slow Food.
Le forme di Bitto Storico infatti, seppure prodotte con lo stesso metodo tradizionale dai 12 casari, presentano caratteristiche organolettiche sempre diverse, a seconda dell’alpeggio e dell’altitudine in cui sono state prodotte: il divieto di utilizzo dei mangimi in alpeggio è l’altro presupposto fondamentale per salvaguardare le peculiarità di questo prodotto.
Nel Centro di stagionatura e affinatura di Gerola Alta, il Bitto Storico Presidio Slow Food può essere invecchiato oltre i dieci anni.

FILMATO
“Non insegnare niente, ma raccontare qualcosa”

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