Stare, dal libro “Cento Ripartenze” di Giorgio Paolucci

Stare

Accompagnare un anziano alla fine della vita è una esperienza che può rivelarsi faticosa e dolorosa, ma anche foriera di preziose scoperte. Ci si confronta con una persona in cui vengono a mancare le energie e in cui a volte la mente si ottenebra. Tutto appare complicato. O forse, tutto si semplifica. Si intuisce che la cosa più importante che si può fare è stare. Stare con lei, provando a vivere ogni circostanza come un’occasione propizia: condividere un ragionamento ( o almeno un suo frammento), una parola che dice o che non riesce più neppure a pronunciare, ma solo ad accennare. Condividere il silenzio, una delle cose che maggiormente spaventa chi, come noi, è abituato a vivere circondato dal suono di parole che fanno rumore senza nulla comunicare. Condividere uno sguardo, cogliendo il carico di emozioni che spesso contiene, ma che lei non riesce a esprimere compiutamente.

 La fragilità di un anziano porta a galla la nostra, ci consegna una sensazione di impotenza che può sfociare nella rabbia e nello sconforto o condurci a scoprire ciò che è essenziale, ciò che nessuna condizione riesce a cancellare: Il valore infinito della persona e il suo bisogno di un amore infinito che solo Dio riesce a colmare. Perché quando ti dicono che “non c’è più niente da fare”, solo l’amore resiste.

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