Vestigia romaniche al San Vincenzo di Gravedona

Introduzione

Due anni fa, dopo una visita nell’area sacra di Gravedona sul Lario, avevo descritto uno dei luoghi più belli del romanico lombardo. L’articolo pubblicato nel febbraio 2022 aveva il titolo:

 Santa Maria del tiglio splendido romanico sul lago di Como 

Per brevità avevo escluso la descrizione di un luogo presente nell’area sacra adiacente al battistero, da sempre ritenuto   molto importante  per la storia  di fede e di arte che corrisponde all’attuale chiesa di San Vincenzo. Include una cripta antica  che data intorno al 1050 ancor prima del battistero di Santa Maria attualmente visitabile insieme ad altre  vestigia romaniche.

La visita compiuta nell’estate scorsa   mi ha permesso di approfondire  con rilievi fotografici e letture particolareggiate questo luogo dove, dai primi secoli ad oggi si sono avvicendate popolazioni stabili dell’alto Lario e passaggi di merci e persone dal nord Europa verso la pianura. 

L’attuale complesso di San  Vincenzo

Il complesso architettonico è così composto

  • chiesa con annessa sacrestia sul lato meridionale,
  • cripta dedicata a S. Antonio. a tre navate divise da colonne  e terminate da altrettante absidi semicircolari
  •  due oratori dedicati a S. Marta e a S. Michele ai quali si accede dal portico che cinge il sagrato.
  • portico della chiesa di San Vincenzo

La chiesa si sviluppa con pianta longitudinale ad unica navata con cappelle laterali terminata da profondo presbiterio poligonale. Le strutture murarie dell’intero complesso sono in pietra locale e mattoni; le coperture sono a tetto con struttura lignea e manto in lastre di pietra

 

facciata della chiesa di San Vincenzo con porticato e ingresso

 

interno a una sola navata e presbiterio, trasformazione a barocco ai primi del ‘600.

 

decorazioni sull’abside nel presbiterio

murature esterne dell’alto medioevo rimaste dopo la  trasformazione dell’antica chiesa

Cenni storici

Verso la seconda metà del sec. X e il principio del sec. XI, sulla prima antichissima chiesa, fu costruita S. Vincenzo, una nuova chiesa a tre navate, originariamente di origine pagana ed adibita, poi, a luogo di culto in periodo romano, come dimostrato dall’ara sacrificale, appartenente a quell’epoca, posizionata presso l’entrata laterale e corrispondente alla cripta dedicata a S. Antonio, un piccolo ambiente che un tempo fungeva da vera e propria chiesa.
La sacrestia venne ornata di armadi accuratamente intagliati e sormontati da statue di legno di finissima esecuzione e conserva un tesoro tra i più importanti del lago di Como, frutto di varie donazioni fatte alla chiesa dai gravedonesi; il tesoro consiste in numerosi oggetti di grande valore artistico e storico, tra cui elementi di notevole pregio quali una grande croce e un calice d’oro, opere del grande orafo locale Ser Gregori e una antichissima pergamena del 931 redatta sotto Ugo, re d’Italia, nel quinto anno del suo Regno.
Particolarità della parrocchiale di S. Vincenzo è la mancanza di un campanile. Nel 1745 furono eseguiti i due grandi quadri raffiguranti il Martirio di San Vincenzo e posti ai lati del presbiterio. Successivamente, Carlo Scotti dipinse l’affresco sull’abside del coro ed infine, nel 1889, fu dipinta e abbellita con ornati dal pittore Luigi Tagliaferri e venne altresì rifatto il pavimento della chiesa e del porticato. I lavori eseguiti nel 1977/79 hanno consentito di portare alla luce elementi romanici tra cui due porzioni di capitello, dei pozzi sacrificali in pietra e un pavimento con pietre irregolari che hanno fatto ipotizzare una precedente funzione di tempio pagano.

La cripta

Vi si accede lateralmente da una scala posta sul fianco settentrionale della chiesa.

La cripta occupa la parte sottostante la zona presbiteriale della parrocchiale di S. Vincenzo. 

E’ una costruzione romanica della seconda metà del XI secolo.

 Lo spazio era un tempo diviso in sette navatelle con tre absidi ma le modifiche al presbiterio del XVII secolo la ridussero agli spazi odierni. Rimasta isolata per molto tempo, la cripta fu riaperta negli anni Settanta. Oggi la cripta è composta da tre navate e altrettante absidi semicircolari; la zona absidale è separata dalle navate da un muro trasversale costruito in occasione degli ampliamenti seicenteschi del coro della chiesa soprastante.

Resti di antica fonte battesimale

Volte  di alcune navate

capitelli altomedievali e romanici delle colonnine che separano le navate.

All’interno della cripta si conservano lacerti di affreschi risalenti al XIV secolo, che testimoniano il culto di sant’Antonio    (cliccare sopra le immagini per ingrandire)

Approfondimenti sulle pitture murarie

Nel dipinto sopravvive la parte inferiore della figura di santo monaco (S. Antonio ?) con il bastone a tau, accompagnato da una conchiglia ( a sinistra e da una lepre (a destra). Sullo sfondo si nota un paesaggio montano e sulla destra, sopra un colle è visibile una chiesetta. Chiude l’immagine una cornicetta a motivo intrecciato. 

Inoltre sulla destra si nota una targa che porta la seguente iscrizione

HOC OPUS FECIT/ FIERI MAGISTRI/ ION. ANTONIUS (…)/ TUS FILIUS QUONDAM SER PETRI/ DE (…) D(…)/ D. SUIS EXPENSIS DIE (…) APR(…)LIS. C(…).

 

Notizie storico critiche

Il dipinto di M. Zecchinelli (L. M. Belloni, il S. Vincenzo …, p. 72) ritenuto sulla base di una personale lettura di quanto compare oggi sulla targa a destra, eseguito nel 1304 su committenza della famiglia Curti, una delle più antiche di Gravedona (P. Giovio, Descriptio Larii Lacus, Venezia 1559) della quale resta memoria anche attraverso la lapide oggi nella cripta e negli affreschi del convento di Santa Maria delle Grazie sempre di Gravedona. Non è però possibile, visto l’avanzato stato di degrado, fornire considerazioni storico critiche convincenti, sembra trattarsi iconograficamente di S. Antonio (il bastone e la presenza del cinghiale) e di una esecuzione forse quattrocentesca, per via della resa spaziale che tiene conto di una evidente tridimensionalità

La pittura è stata catalogata ed è sotto la tutela  della Sopraintendenza  per i beni storici artistici  della Lombardia

Fonti

Beni culturali di Regione Lombardia

Lombardia Romanica, Jaca Book

 

Appendice
I concetti romanici

Nelle note pubblicate in un sito dedicato al romanico e contraddistinto con la definizione di “Before Chartres” si è voluto  spiegare il Romanico, le sue radici , le sue regole , la sua evoluzione. Sono quasi una serie di tesi , utili alla comprensione di ogni realizzazione del tempo romanico, sia una chiesa, un portale o un capitello.

Questo è il secondo tema

L’origine è la basilica, scelta da tempo
dove si spiega come i costruttori romanici utilizzino come punto di partenza la basilica paleocristiana, a sua volta derivata dalle grandi basiliche imperiali.
 
Nella figura sotto : a Treviri la basilica imperiale

Tutto nasce dalla “basilica”. Quanto alla forma, la chiesa romanica – con le sue navate, il suo orientamento verso l’abside, le colonne e gli archi – è certamente l’evoluzione della chiesa paleocristiana: la splendida abbaziale di Sant’Antimo ma anche la grande cattedrale di Pisa, quindi, guardano certamente alle basiliche paleocristiane di Grado e di Sant’Apollinare in Classe, e vi riconoscono i propri diretti “antenati”.

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